Venerdì 1 giugno abbiamo intervistato telefonicamente lo scrittore Erri De Luca. È la seconda volta che visita la capitale argentina che lo affascina e che considera una città piena di vita, di interessi che vive bene di notte e di giorno.
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Erri ha affermato che non si può prescindere dalle origini. A Napoli ha imparato le emozioni più forti: la collera, la compassione, la vergogna. Da diversi anni abita in campagna dove pianta alberi.
Per una ventina d'anni lo scrittore ha fatto l'operaio. Quegli anni gli hanno insegnato una disciplina del tempo, della vita ed il valore del tempo salvato, fuori dalla giornata di lavoro.
Per quanto riguarda la politica, Erri si ritiene un cittadino che ogni tanto prende degli impegni e cerca di mantenerli ma non si considera uno scrittore impegnato. Quanto al nuovo governo, non ha fiducia che possa durare.
Lo scrittore si è riferito al problema dei migranti in Europa ed ha affermato che i cittadini del Mediterraneo sono contemporanei del peggiore trasporto marittimo della storia dell'umanità e contemporanei del più prolungato naufragio di vite perdute sul fondo del Mediterraneo. A suo avviso, il governo italiano ha un atteggiamento di massima ostilità possibile mentre fra i cittadini italiani, vi sono coloro che ne approfittano per cercare di sfruttare la mano d'opera a buon mercato mentre altri danno una mano.
Erri ci ha raccontato che i dialetti sono ancora vivi in Italia e come tutte le lingue si muovono, aggiungono e perdono parole, sono vivi. Il suo nome deriva da quello dello zio Harry, di cui è l'italianizzazione.
In questo momento, lo scrittore sta scrivendo una prosa sul rapporto padri e figli mentre si dichiara lettore degli autori del '900 ed un appassionato lettore di Borges.
Giovedì 31 maggio si è presentato presso l'Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires.
Intervista: Caritina Cosulich-Chelo Ayala / Fonico: Guillermo Vega / Web: @CheloAyala
Etiquetas: La Conversazione, RAE Argentina al mondo